giovedì 18 aprile 2013

L’ennesimo volo interno



Il risveglio è nel deserto, piatto e polveroso. L’esatto opposto di quando ci siamo addormentati. Arriviamo a Xining mezz’ora abbondante prima del previsto. La città è deserta, anzi, un deserto. Desolata, desolante, piena di polvere e cantieri. Il vecchio lascia posto al nuovo, come in una cantilena sentita e risentita.
Cerchiamo un autobus per l’aeroporto, ma a quanto pare non ce ne sono (o questo è quello che ci dicono…), quindi contrattiamo per un taxi. Qualsiasi cosa pur di andar via da quella stazione triste e decadente.

L’aeroporto è piccolo e fatiscente, ma l’aereo è in orario. Mentre il pilota accende i motori, ci chiediamo se sia possibile decollare in mezzo a tutta quella polvere. Incrociamo le dita.
Atterriamo a BJ in un cielo decisamente azzurro, quanto meno molto più azzurro di quello da cui siamo partiti. Tiro un sospiro di sollievo: il mio primo impatto con quella città non era stato così piacevole.
Treno, metro, taxi abusivo, vagabondaggio tra gli hutong e arriviamo all’ostello, desiderosi di una doccia calda. L’acqua è gelida. Bestemmie.


Per cena decidiamo di andare a Wangfujing e incontriamo due uomini che non avendo altro da fare, ci scortano fino lì. Chiacchiero con loro per tutto il tragitto, sono molto di compagnia, ma viste le ultime 48 ore, arrivo a destinazione stremata dallo sforzo linguistico. Ormai è tardi, è tutto chiuso. Rimane solo l’opzione Mc Donald’s. Poco male: l’idea di un cheesburger va bene a tutti.

Più avanzano le lancette dell’orologio, più il Mc Donald’s si trasforma in un “Mc Dormitorio”, come l’ha definito Andrea. Una quantità assurda di persone si aggira per i tavoli in cerca di avanzi, per poi prendere posto più o meno comodamente sui divanetti. Quando il numero degli accampati supera quello degli svegli, decidiamo di andarcene.

Una lunga passeggiata fino a casa passando per l’imponente piazza Tian’anmen illuminata e ci fiondiamo a letto, esausti.



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