Sveglia, bagagli, spesa e colazione al Mc Café. Cappuccino buono
ed economico. Bravi, bravi. Inutile dire che anche qui i ricordi non sono pochi:
la serata con David che si improvvisa cameriere prima e psicologo poi, è
indimenticabile.
Qui ci trasformiamo in imprenditori: esprimo le mie idee per
l'apertura di un locale e gli altri mi seguono a ruota. In poco tempo abbiamo
tutto: mancano solo gli investitori. Ho un nuovo progetto di vita.
Prendiamo un taxi per il Jiming si, uno dei templi buddisti
principali di Nanchino. Un bellissimo tempio giallo collegato alle mura della
città, anche queste di epoca Ming. Anche da qui lo spettacolo è mozzafiato: i
32km di mura circondavano una città che adesso offre in un'unica visione natura
e grattacieli, passato e presente, con uno scorcio sul futuro dato dai nuovi
edifici in costruzione. Ancora una volta, questa è la Cina.
Torniamo per un pranzo a base di shuijiao. È tardi, sono le 3,
non c'è più nessuno a pranzo, ma ovviamente tutto è ancora aperto. O comunque
apribile. Arriviamo al "ristorante", dentro 4-5 donne giocano a
carte. Appena apro la porta, come fosse arrivato il capo a coglierle sul fatto
in un momento di ozio rubato al lavoro, si alzano tutte e ci circondano.
Mi sento a metà tra l'importante e la rompiballe. Ordiniamo,
purtroppo evitando il pezzo forte della casa: pollo e mais. Pochi minuti e
arriva un piatto fumante ricolmo di shuijiao, ovviamente tutti mischiati. Fa
parte del gioco! Come previsto, la pasta di questi ravioli mette a dura prova i
neofiti delle bacchette: Marchetto spande salsa e ravioli ovunque, il tavolo
sembra un opera d'arte impressionista. Ma superato lo scoglio kuaizi, anche lui
sembra apprezzare il pranzo.
Recuperate le borse in ostello, prendiamo un taxi per
Zhonghuamen, punto di partenza degli autobus per l'aeroporto. Il viaggio è a
due poco emozionante: l'autista è a metà tra un pilota di rally e il protagonista
di un videogioco in cui dei arrivare al checkpoint prima che finisca il tempo,
se non noi perdere una vita. In compenso, di vite ha rischiato di farne perdere
a volontà agli altri, facendo il pelo a pedoni, bici, motorino, auto e
quant'altro. Raggiungiamo il prossimo livello: siamo arrivati sani e salvi a
destinazione.
Subito veniamo fermati dalla solita schiera di tassisti che
fanno la spola da li all'aeroporto per un prezzo issò di 100¥. Optiamo per la
comodità e aspettiamo la quarta persona per riempire la vettura: in questo modo
spendiamo 5¥ in più a testa, ma almeno siamo si udì di arrivare in tempo. Se si
ha fretta, il taxi è sempre il mezzo migliore (visto il loro sole di guida)!
Arriviamo in mega anticipo e inganniamo l'attesa girando per
qualche supermercatino in cerca della cena. L'effetto LAOWAI ("vecchio
straniero") non si fa attendere. Pochi istanti e ognuno di noi ha un
carrello personale. Umano. Divertente all'inizio, imbarazzante dopo un po',
insopportabile alla lunga.
Io compro una scatola di dry-noodles, gli spaghetti istantanei
immancabili in Cina, così come i distributori di KAISHUI (acqua bollita). Gli
altri fanno una faccia schifata, che si trasforma poi in disgustata una volta
che li preparo. Ah, WAIGUOREN! (Laowai è un termine affettuoso, waiguoren
indica semplicemente "lo straniero")
Gli sputi dei cinesi all'interno dell'aeroporto, subito ripuliti
da qualche fuwuyuan, risvegliano la mia cena poetica componendo due versi degni
del libretto rosso di Mao:
"Per far girare l'economia
Sputiamo tutti un compagnia"
Come se non saremmo dovuti arrivare a Chengdu già abbastanza
tardi, l'aereo è in ritardo e non si hanno notizie sul perché o su quando
partirà. Pazienza (cit.).. Non c'è molto da fare. Dopo circa un'ora dal
l'orario previsto ci fanno imbarcare.. Ma anche sul l'aereo ci dicono che non
si sa quando si potrà partire. Quantomeno alleiamo l'attesa con snack e bibite.
Finalmente partiamo e arriviamo a Chengdu con due ore di ritardo. Risultato:
prendiamo un taxi a mezzanotte passata.
Chengdu è immensa. Una metropoli nel deserto, con porte
gigantesche per entrare in città e immensi viali costeggiati di lampioni
altrettanto maestosi.
50¥ di taxi e arriviamo all'indirizzo dell'ostello. Questo non
vuol dire che troviamo anche quello. Fortunatamente ci sono due supermercati
aperti 24 ore (è ormai l'1 passata). Chiediamo informazioni, ma nessuno sembra
aver mai sentito parlare di un ostello che dovrebbe trovarsi nel loro stesso palazzo.
Andrea prova a girare l'angolo e torna trionfante: l'ha trovato.
Ci incamminiamo in questo vicolo buio e puzzolente.. Con una
miriade di topi che ci attraversano la strada saltellando da un buco all'altro.
Saliamo delle scale degne di un film horror e chiamiamo l'ascensore. Ma non
appena questo si apre, tra cigolii e scricchiolii.. Decidiamo di salire a
piedi! La porta è lucchettata, ma subito ci apre un uomo dalla faccia gentile,
che in un ottimo inglese ci riempie di scuse: vista l'ora, pensava che non
saremmo più arrivati e quindi aveva cancellato la nostra prenotazione.
Fortunatamente per questa notte (sono ormai le 2) c'è posto, ma per la seconda
dobbiamo spostarmi in un altro ostello poco distante.
Ultima raccomandazione prima di portarci alla camera (a quanto
pare non esiste chiave: ci viene ad aprire lui): "se la polizia ve lo
chiede, voi non avete dormito qui, inventatevi che siete stati da un
amico!". Ooooooook (quantomeno il motivo è valido: avendo cancellato la
nostra prenotazione, noi non risultiamo ospiti dell'ostello, e per la
burocrazia cinese, questo costituisce un problema).
Entriamo in camera che sono quasi le 2.30 e purtroppo non
riceviamo l'accoglienza desiderata: i letto sono praticamente tavole di legno,
il bagno è una turca davanti al lavandino con sopra una specie di doccia e
l'acqua è fredda.. Tipico di quelle zone, ma dopo una nottata del genere
avremmo desiderato qualcosina in più. Quantomeno in camera ci siamo solo noi.
Ultima nota dolete: Andrea non sta bene. Gli è salita la febbre
in aereo e ora sta un po' meglio, ma comunque non ha un'ottima cera.
Sono le 3. Buonanotte Chengdu.
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