domenica 19 maggio 2013

The China effect


Lunedì mattina. Ho finalmente recuperato le ore di sonno perse in questo folle weekend shanghainese.
La Cina ha uno strano effetto sulle persone… ne parlavo attorno al fuoco con gli astisti, giusto prima di partire. Lo strano mix di economicità, lontananza da tutto e da tutti e soprattutto il tipo di persone che si incontrano qui, fa passare “attimi di ordinaria follia”.
E un weekend come questo mi fa venire il magone a pensare che partirò tra pochi giorni.
Ricapitoliamo un po’ (ma non troppo!).
Venerdì sera: Hollywood. Il fantomatico club dove la Marta e i suoi amici passano i propri venerdì sera perché tramite conoscenze ricevono da bere gratis. Ne ho sentito parlare di continuo da quando sono qui, ma non ci ero ancora andata. La Marta mi avvisa… il posto non è niente di speciale, ci vanno solo per i free drink. Poco male, in fondo è la compagnia quello che conta.
Effettivamente, appena metto piede nel locale, mi sento vecchia. Anche io dj è decisamente pessimo. Ma bastano un paio di bicchieri per divertirsi ugualmente. La cosa impressionante dei club cinesi è che il numero dei camerieri corrisponde quasi a quello dei clienti. E non avendo molto da fare, passano il tempo a riordinare i tavoli in modo maniacale. Per un po’, io e un altro ragazzo di divertiamo a spostare dei bicchieri per il solo gusto di vedere un fuwuyuan riordinarli alla velocità della luce. Che lavoro gratificante, il suo!

NEEEXT

Il sabato comincia tardi e a rallentatore.

Mangio qualcosa, mi addormento sulla poltrona, rimangio qualcosa, bevo un caffè, faccio una doccia e mi preparo: alle 18.27 mi attenda la tappa Shanghainese della DIAMOND LEAGUE! Se penso che ho scoperto l’esistenza della gara per puro caso, correndo intorno allo stadio due giorni prima…!
Mi vergogno un po’ ad andare ad una gara in abiti così civili, ma dopo ho un compleanno da festeggiare e non c’è tempo per tornare a casa a cambiarsi. Poco male, i cinesi non sono certo famosi per sapersi vestire in modo adeguato a quello che devono fare (come dimenticare la tipa che ha scalato le Wudangshan in stivali col tacco…).
Non appena esco dalla metro e mi trovo davanti lo stadio illuminato e la fila di gente che si affretta ad entrare, un sorriso a 32 denti mi si stampa in volto. Mi torna in mente Londra e l’emozione indescrivibile provata del prendere attivamente parte allo spirito olimpico. Una gioia comprensibile solo da chi ha passato anni e anni in una pista di atletica a sudare e sognare.
L’impatto col mondo sportivo cinese è ancora più grande per me, dopo aver passato mesi e mesi a ricercare informazioni sull'argomento per scrivere la mia tesi. Finalmente posso assistere dal vivo allo spettacolo di un pubblico cinese che assiste a un evento sportivo internazionale.


 Lo spettacolo mi lascia senza fiato. Il tifo per ogni singolo atleta cinese è indescrivibile. Lo stadio applaude compostamente quando il vincitore dei 5000m taglia il traguardo, ma esplode quando l’atleta cinese, di livello nettamente inferiore agli avversari, compie da solo il suo ultimo giro di pista. L’orgoglio del partecipare supera senza ombra di dubbio l’amarezza di arrivare ultimi.


Due cose mi colpiscono maggiormente in questa esperienza:
prima di tutto il pubblico. È palese che la maggior parte del pubblico presente non hai mai messo piede in una pista di atletica. Non sa come ci si comporta in queste occasioni. Quando lo starter sentenzia l’ON YOUR MARKS, invece dello speaker che richiama gli spettatori al silenzio, un tifo scomposto scoppia così forte che dagli spalti non si sente nemmeno lo sparo della partenza. Lo stesso accade nei salti. Invece della clap ritmata, si sentono solo urla e rumori letteralmente a caso. JIAYOU, ZHONGGUO! Solo la grandezza dello stadio, e quindi la relativa distanza del pubblico, permette di concentrarsi in una situazione del genere. Ammiro soprattutto i velocisti. L’Isinbayeva ci prova anche a chiamare una clap composta… ma si vede costretta a rinunciare all’impresa.
Pignoleria da atleta? Senza dubbio. Ma bisogna ammettere che le folle cinesi non sono la cosa più gradevole del mondo.

La seconda cosa che mi affascina, che mi colpisce profondamente, è l’attitudine degli allenatori dell’astista cinese, seduti proprio di fianco a me. Di nuovo, sono i mesi di studi teorici sull’argomento che richiamano la mia attenzione su questi dettagli.

Il vecchio allenatore con la tuta della Cina potrebbe essere un qualsiasi allenatore di qualsiasi altra parte del mondo. I gesti, i consigli, le reazioni ai salti della sua atleta, sono talmente familiare da farmi sentire a casa, durante un campionato italiano. Non so perché mi aspettassi qualcosa di diverso… nel mio immaginario c’era più rigidità, più compostezza e distacco. Invece quest’uomo di comporta proprio come ho visto mille altri allenatori comportarsi con i propri atleti impegnati in una qualsiasi gara. Difficile da spiegare la sensazione, ma credo che i miei colleghi atleti possano capire anche con queste poche parole.

Quando l’atleta cinese esce di gara, mi faccio coraggio e mi decido a parlargli. È la mia occasione. Non parlando una parola di inglese, gli spiego in un cinese tentennante che anche io sono un’allenatrice di salto con l’asta e che mi piacerebbe poter allenare in Cina. Mi sorride entusiasta e prendendomi le mani come fosse un mio vecchio collega, mi presenta all’allenatore di Shanghai. Rispiego la situazione, sempre in cinese. Mi chiede quanto ancora starò a Shanghai e il numero di telefono per rimanere in contatto. Un po’ a malincuore, declino lo scambio di numero (non sono in grado di spiegarmi bene a telefono e voglio spiegargli chiaramente cosa voglio fare) ma mi faccio lasciare la mail.
Con un altro enorme sorriso stampato in faccia, guardo l’Isinbayeva che entra in gara, già rimasta sola, a 4.70, fa un dritto, un salto buono, un altro dritto a 4.85 e poi si ritira.

Finita la favola dell’atletica, ancora stordita dalla sensazione di casa che si trova in un luogo nuovo ma allo stesso tempo familiare, chiamo Ethan per sapere dove raggiungerlo per festeggiare il suo compleanno.
La mia serata comincia a Fuxin lu con un americano e due tedeschi.

NEEEXT

Altro risveglio a rallentatore, altra doccia “fredda” per riprendersi e via, pronti a festeggiare un altro compleanno. Il giorno prima Juliana (coinquilina della Marta) ha compiuto 21 anni e vuole festeggiare con un mega picnic al parco.
Prendiamo un taxi diretti a Century Park carici chi ogni tipo di cibo e bevande. La giornata è splendida e il parco pure. L’unica nota negativa è che è dall’altra parte della città ed è così grande da rendere difficile il ritrovo una volta entrati.
Il pomeriggio passa tranquillo e rilassato e quando cala il sole torniamo a casa come di ritorno da una lunga gita.


Concludo il mio weekend con una birra con Havin, un ragazzo cinese conosciuto tramite couchsurfing. Chissà che in questi mesi riesca a parlare anche un po’ di cinese, oltre che inglese e tedesco! La serata è sorprendentemente piacevole, Havin non è il classico cinese con cui è difficile scherzare e fare battute. Parliamo per due ore di viaggi e cazzate (sottolineo la cosa perché normalmente è veramente difficile passare una serata così con un cinese!) e poi passeggiamo fino a casa. Il tempo è veramente perfetto, estate piena ma con una leggera brezza fresca.

Crollo a letto esausta e mi addormento senza avere il tempo di ripensare alle ultime 48 (e più) ore.

P.S.
dopo 21 anni che ci conosciamo, il 20 maggio non posso non pensarti: AUGURI JEKA!!

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